martedì 28 aprile 2015

Introduzione a Sartre

Recentemente mi è stato chiesto di introdurre il pensiero filosofico di Jean Paul Sartre, presentando i caratteri fondamentali del suo esistenzialismo, evidenziandone la struttura e gli eventuali limiti. Certo di non sbagliare, ho sempre ritenuto L'essere e il nulla un'opera straordinaria, in grado di aprire fondamentali squarci nella tela di una ricerca filosofica tanto attuale e dinamica quanto intricata e complessa, meritevole di continui approfondimenti, termine di paragone irrinunciabile in questioni di esistenzialismo.
Analogamente ad Heidegger, Sartre concentra la propria ricerca sul concetto di essere, distinguendone due fondamentali manifestazioni: come essere "in sé" e come essere "per sé". Il primo si riduce a tutto ciò che è sprovvisto di coscienza ma con cui la coscienza continuamente si rapporta, ossia il mondo; il secondo invece, è l'essere presente a se stesso consapevole della propria individualità. Addentrandosi approfonditamente nella questione, entro la teorizzazione di Sartre, "in sé" e "per sé" si oppongono l'uno all'altro generando un rapporto in cui il primo risulta coincidere con tutto ciò che non è coscienza, ovvero il mondo inteso esclusivamente nella sua immutabile staticità. In altri termini, ciò che si oppone alla coscienza risulta irrimediabilmente identico a se stesso senza eccezioni, e tale condizione, non soggetta a mutamento, vincola alla mera immediatezza ogni dato esterno alla coscienza. Sartre sa bene di essersi incamminato su uno tra i sentieri filosofici più impervi che siano mai stati tracciati, e sceglie di procedere per gradi attribuendo all'essere "per sé" la responsabilità maggiore, ossia quella di attribuire senso e significato a quel mondo che gli si oppone esclusivamente con la sua pesante e immutabile staticità. La coscienza infatti risulta essere intrinsecamente "possibilità" e, in quanto tale, mutamento e perpetuo superamento; l'uomo conferisce significato all'essere "in sé" mediante la potenzialità nullificatrice della coscienza che possiede appunto la peculiarità di rendere nulla l'immediatezza di un dato, manipolandola al fine di mutarne senso e significato. Sartre, lo si capisce perfettamente, deve moltissimo ad alcune teorizzazioni a lui precedenti ma del resto, addentrandosi nei meandri dell'essere, sapeva bene che prima o poi si sarebbe dovuto confrontare con le gigantesche teorizzazioni di Heidegger, Husserl e Parmenide; tuttavia, non è possibile fare a meno di notare come egli riesca nel non facile compito di integrare una ricerca filosofica fondamentale, facendo perno proprio sul potenziale nullificatore della coscienza per giungere addirittura a far coincidere quest'ultima con il nulla. Secondo Sartre infatti, l'uomo risulta egli stesso un nulla, poiché la sua coscienza non può prescindere da quel processo di nullificazione che è l'imprescindibile innesco del processo conoscitivo: il "per sé" infatti può rapportarsi solo e soltanto a ciò che "non è" coscienza e che ad essa si oppone. Il discorso è ampio e complesso, ma questa teorizzazione preparatoria spiana la strada all'introduzione dell'illuminante concetto di libertà in quanto, secondo Sartre, l'uomo risulta libero soltanto in virtù di questo suo essere coscienza, poiché la libertà coincide proprio con la possibilità di attribuire significato e senso a qualcosa ( l'"in sé" ) che intrinsecamente non ne avrebbe. È questa dunque la libertà nella filosofia di Sartre, una libertà attorno alla quale ruota il suo esistenzialismo, che inevitabilmente responsabilizza l'individuo anteponendone clamorosamente l'esistenza alla stessa essenza: l'uomo infatti, in virtù della propria libertà, altro non è se non ciò che liberamente sceglie di essere. Attingendo ancora una volta al pensiero di Heidegger, Sartre intravede però nella libertà una vera e propria condanna poiché l'uomo, destinato ad affermare dinamicamente la propria libertà, può di fatto riuscirci solamente attraverso il continuo e perenne superamento di ciò che esiste, mediante la propria potenzialità di scegliere. Perpetrare la scelta a oltranza è di fatto la vera essenza dell'uomo in quanto egli è ciò che è soltanto in virtù della propria perpetua scelta che, contrariamente a quanto si possa credere, non è secondo Sartre facoltativa, bensì inevitabile e impossibile da negare. Vittima della condanna ad affermare la propria libertà mediante la scelta, l'uomo si riduce a scegliere continuamente, e di fatto, in virtù di ciò, risulta sempre e comunque responsabile senza condizioni. Osservandola attentamente però, la medaglia della libertà rivela al suo rovescio le fosche tinte del concetto dell'angoscia. Uscendo dalla metafora, Sartre sostiene in definitiva che l'uomo si riduca ad essere ciò che non è, poiché la libertà intesa come scelta implica una progettazione in costante divenire in cui la perennemente instabile possibilità d'essere vanifica la stabilità del presente. In altri termini, condannato al continuo mutamento attraverso la scelta, l'individuo risulta costretto a convivere con l'aspettativa di divenire ciò che ha progettato, vivendo uno stato di perenne e angosciante attesa derivante dalla presa d'atto dell'incompiutezza di un'esistenza dominata dal perpetuo superamento del senso e del significato. Ci sarebbe molto da aggiungere.

Matteo Andriola