venerdì 8 agosto 2014

A proposito di Nietzsche

Se fossi stato un ligio credente di un villaggio prussiano e durante la mia passeggiata quotidiana mi fossi imbattuto in Nietzsche che annunciava a squarciagola la morte di Dio, probabilmente avrei rischiato un mancamento e avrei additato quel baffuto figuro come un pazzo o, peggio ancora, come il demonio in persona. Possiamo facilmente immaginare che una simile reazione l'abbiano avuta in molti tra i contemporanei del filosofo di Rocken, o perlomeno tutti coloro che sentivano di non poter vivere senza un dio da venerare, la cui esistenza non era oggetto di discussione. Nietzsche sapeva che non avrebbe trovato particolare indulgenza nei suoi confronti, tanto era provocatoria la portata del suo annuncio, e soltanto la più o meno diffusa laicizzazione della società ha consentito la corretta ricezione del suo messaggio che, contrariamente a quanto si possa pensare, non può certo considerarsi un mero invito all'ateismo. La perentorietà dell'annuncio giustifica almeno in parte coloro i quali, in buona fede, hanno equivocato il messaggio nietzscheano. Per quanto stimolante, studiare Nietzsche è tutt'oggi un'impresa faticosa e l'impressione che se ne ricava è quella che il filosofo prussiano abbia ancora qualcosa da dirci e che si riprometta di farlo la prossima volta che torneremo sui suoi scritti. Ci ho fatto il callo e non mi fido di lui al punto da poter dire con sicurezza che il suo pensiero non ci nasconda ancora qualcosa, per cui ogni volta mi aspetto di trarre nuovi spunti dai suoi scritti. Che il suo messaggio fosse destinato a sconvolgere l'allora vigente morale religiosa del resto, Nietzsche lo sapeva benissimo; e in realtà era proprio ciò che voleva.
Nel 1882, quando nella Gaia scienza annuncia la morte di Dio, è già un filosofo maturo con alle spalle scritti di importanza capitale ( primo fra tutti, La nascita della tragedia ), e dunque il suo grido assordante si deve considerare come il frutto di un pensiero meticolosamente costruitosi nel tempo. Come anticipato, sarebbe errato ricondurre il clamoroso annuncio nietzscheano al mero e semplice ateismo, in quanto esso racchiude in se stesso significati molto più ampi. Con Socrate prima e Platone poi, secondo Nietzsche, ha avuto inizio un lento e inesorabile declino che ha portato all'ossessiva ricerca della verità, una verità che però neppure la vita e la natura possono conoscere. Nietzsche non era certo tipo da lasciarsi condizionare dal timore reverenziale ed infatti condanna senza appello Socrate e Platone, rei di aver diviso l'essere in due parti: una parte sensibile e illusoria, l'altra trascendente e irraggiungibile. Accettare che la verità risieda nell'irraggiungibile mondo trascendente però, significa anche ammettere di vivere in un mondo privo di senso e consistenza. La religione ( il Cristianesimo in particolare ) ha poi fatto il resto, prosegue il filosofo, portando a un definitivo sovvertimento gerarchico della morale, affermando il primato dei valori antivitali dei più deboli ( gli "schiavi" ) su quelli vitali dei più forti ( i "signori" ), in vista di un indimostrabile premio ultraterreno. La classe sacerdotale, debole e colma di risentimento verso quella dei signori, non potendo competere nel campo dei valori vitali ( come la forza e il coraggio ), ha messo in atto un meticoloso lavoro di avvelenamento, introducendo valori antivitali ( come la rinuncia e il sacrificio ) che la potessero rendere competitiva. Annunciandone la morte, Nietzsche non nega Dio, ma ne sentenzia soltanto la fine: la fine della religione cristiana e con essa il crollo di tutti quei valori illusori sui quali fino a quel momento si era retta la civiltà. La svalutazione del mondo terreno e dei suoi valori vitali ha disgregato tutte le certezze, generando nell'individuo il più completo senso di smarrimento dettato dal suo essere in balia di incerte e illusorie credenze. Una mancanza assoluta e totale di valori e certezze che si definisce "nichilismo". Col consueto fervore, Nietzsche condanna l'individuo moderno e il suo maldestro tentativo di liberarsi dal nichilismo sostituendo ai vecchi valori dei semplici surrogati, come ad esempio la fiducia nel progresso: lo scienziato, sia pure quello ateo, ricerca una verità spinto dalla "fede" di poterla trovare, sostituendo di fatto una fede con un'altra. Secondo Nietzsche, occorre prendere atto della morte di Dio e obbligatoriamente rinunciare alla ricerca della verità ( che non può essere raggiunta ), partecipando attivamente, secondo quello che lui definisce "nichilismo estremo", alla distruzione di tutte quelle illusioni alle quali fino a quel momento l'individuo, vittima della sua stessa debolezza, si era saldamente aggrappato. E Dio è l'emblema di tutte queste illusioni.
Tra il 1883 e il 1885, Nietzsche scriverà Così parlò Zarathustra, proseguendo nella propria analisi approfondendo il tema dell'oltreuomo. Avremo modo di parlarne.

Matteo Andriola

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