mercoledì 6 agosto 2014

Riflessioni mattutine intorno al conflitto tra Israele e Palestina

Come ogni giorno da circa un mese, l'argomento cui i quotidiani dedicano il maggior numero di pagine è la guerra tra Israele e Palestina. Mi rendo perfettamente conto che la complessità della questione sia tale da non poter essere analizzata nelle poche righe che un blog mette a disposizione, e peraltro rimango dell'idea che probabilmente non sarebbe neppure la sede opportuna. Tuttavia, non posso sottrarmi alla tentazione di esprimere un parere al riguardo. La vicenda storica è quanto mai complessa e troppi sono gli interessi in gioco per poter valutare questa guerra soltanto indicando con l'indice teso la parte del torto e quella della ragione. Israele ha assunto una posizione di assoluto predominio nello scacchiere mondiale, divenendo un interlocutore che sovente siede capotavola al tavolo delle trattative mondiali, un tavolo che, come noto, è tutt'altro che rotondo. Di fatto, il peso politico ed economico raggiunto è sufficiente ad Israele per collocarsi in una posizione di privilegio, un privilegio tale da rendere tollerabile se non addirittura legittima l'invasione della Palestina agli occhi dell'ONU, che si limita timorosamente ad invitare alla moderazione. Come se ciò fosse sufficiente per rifarsi quella verginità morale che le Nazioni Unite hanno perduto oramai da tempo.
Per chi come noi lo osserva da lontano, il conflitto, con le sue innumerevoli vittime civili, è emotivamente d'impatto e lascia spazio alle più svariate considerazioni e prese di posizione. La mediazione degli Stati Uniti è insolitamente mite, ma non sorprende se consideriamo gli stretti rapporti economici e non solo che li legano a Israele; l'ONU si defila affidando a Ban Ki-moon parole a dir poco sconcertanti per mitezza e qualunquismo. Le tregue a ore, parentesi ironicamente tragiche che sentenziano come la guerra sia oramai la drammatica costante, spezzano la monotonia di una quotidianità che ha nella morte il proprio motivo dominante.
Sto con Vattimo, del quale ho infinita stima intellettuale, quando nel condannare le violenze di Israele si appella alla Storia, sottintendendo che un popolo che ha subito l'orrore dell'Olocausto dovrebbe aver raggiunto una maggiore maturità civile. Non condivido però la posizione di coloro i quali, nella condotta bellica israeliana, intravedono un pretesto per dedicarsi alla purtroppo sempre frequente attività di revisionismo storico, un revisionismo teso a ridimensionare ciò che la memoria storica ci ha consegnato come uno dei più grandi crimini dell'umanità che, senza condizioni, tale deve restare. Che nel conflitto contro la Palestina, Israele non reciti il ruolo di vittima è cosa fin troppo evidente, ma tale valutazione deve obbligatoriamente spogliarsi di facili dietrologie. Non so se il Professor Vattimo, che certamente la Storia la conosce molto bene, condanni Israele in virtù del suo passato; francamente non credo. Osservo disorientato ciò che avviene nella striscia di Gaza, la smobilitazione delle truppe israeliane lascia dietro di sé un numero impressionante di interrogativi, ma un numero ancor più elevato di vittime, civili per lo più, che sono solo e soltanto vittime, a prescindere dalla bandiera avvolta attorno alla bara. La Storia, in questo caso, non ci potrà aiutare a comprendere i motivi di una carneficina, ammesso che ve ne siano, ma ci potrà semmai spiegare le ragioni del conflitto. Già Nietzsche del resto, con lo scritto Sull'utilità e il danno della Storia per la vita del 1874, si scagliava contro lo storicismo, accusandolo di annientare l'uomo atrofizzandone la creatività nel presente. Lo storicismo, quello rigoroso, sa essere deresponsabilizzante e, spesso, è il più grande giustificazionista degli orrori del presente. Cadere nella sua rete è molto, troppo facile. 

Matteo Andriola

2 commenti:

  1. Caro Matteo, ti avevo promesso una risposta. Eccola qua. Concordo con te nell'affermare che un blog è una sede poco adatta a dibattere di questioni così spigolose come il conflitto arabo-israeliano. Detto ciò, ci tengo però a risponderti e a ringraziarti comunque per aver affrontato un tema che molti, troppi, preferiscono scansare onde evitare di schierarsi o - peggio ancora - di correre il rischio di fare strafalcioni storici e pessime figure. Ti scrivo per quella che è la mia esperienza. Sono circa dieci anni che mi interesso alla questione e ho avuto la fortuna di conoscere palestinesi e israeliani con i quali ho dibattuto serenamente. Ci tengo a fare una piccola premessa. Dai miei post avrai sicuramente capito quali sono le mie idee e tenterò ancora una volta di affermarle in base a principi storici. Io sto con la Palestina al cento per cento e cercherò di spiegare il perché. Viviamo un periodo storico drammatico nel quale il buonismo, il moralismo e l'ipocrisia regnano sovrani, un momento storico dove anche le poche menti pensanti hanno poco coraggio nello sporcarsi le mani, nel prendere posizione, nell'esporsi. Ecco perché quando vedo quelle foto di bambini palestinesi e israeliani che si abbracciano mi viene il voltastomaco e credo siano aduse alla fiera dell'ipocrisia vigente. La verità è che purtroppo la Storia (quella con la S maiuscola) la conoscono in pochi e molti si fanno imbambolare dai media occidentali che, inutile negarlo, sono assolutamente filo-statunitensi e - riguardo il conflitto - filo israeliani. Ultimamente ho consigliato la lettura di due testi, uno è "La questione palestinese" di Edward Said, l'altro è "Relazioni pericolose. Il movimento sionista e la Germania nazista" di Yahia Faris. Due libri, a mio avviso, illuminanti. Ma veniamo ai fatti, o meglio alla Storia. Sono solito fare un esempio elementare, forse un po' stupidotto, però credo riassuma in breve l'assunto che voglio esporre. Ipotizziamo che io, un bel giorno, mi presenti a casa tua dicendoti che mille e più anni fa laddove tu risiedi c'erano i miei avi, vantandomi di far parte di un popolo eletto e offendendo il tuo credo, adducendo a ciò la scusa che un libro sacro dice ciò che io affermo. Sono sicuro che la tua reazione non sarebbe delle migliori. Ma facciamo finta che la tua cortesia abbia la meglio e che dunque mi è concessa una piccola parte della tua casa. Passano gli anni, iniziano a giungere miei parenti, amici e quant'altro, non mi basta più lo spazio, e allora inizio a espandermi al punto tale da stravolgere la situazione e renderla paradossale. Ossia ora sei tu, padrone di casa, a dover chiedere il permesso a me e alla mia gente, per andare in bagno, cucinare, andare a dormire. Questo è quello che avviene in Palestina. Purtroppo oggi definirsi anti-sionisti è pericoloso (io mi definisco tale), in quanto il vittimismo (che non si può negare sia presente) del popolo israeliano porta a tacciarti di anti-semitismo. In questi giorni tristi, tremendi, dove nessuno alza un dito di fronte a bambini che muoiono, ho sentito varie voci affermare che i palestinesi civili sarebbero ostaggio di Hamas. Altra bufala. Ricordo che Hamas è nato nel 1987 in reazione alla non accettazione da parte di Ariel Sharon e della destra israeliana dell'OLP. Dunque, mi chiedo, quale popolo non riconosciuto non sfocerebbe per rabbia nel fenomeno terroristico? Hamas è una creatura di Israele, è una reazione al dominio incondizionato di Israele. Allora tutte le stragi precedenti (dalla guerra dei sei giorni alla vergogna di Shabra e Shatila) perpetrate da Israele ai danni dei palestinesi, cosa erano? Hamas lì non esisteva ancora.

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  2. Qual è l'alibi che Israele e i suoi difensori troveranno? Se da una parte ci sono 1500 morti e dall'altra 60 un motivo ci sarà. I razzi rudimentali di Hamas vengono nel 99% dei casi intercettati da Israele, che dispone di tecnologie assai più avanzate, e rammento che Italia e Usa sono i primi fornitori di armi a Israele. Detto ciò, sposo appieno quanto ha scritto Giuliana Sgrena qualche giorno fa, ossia che il senso di colpa dei paesi europei e del mondo verso Israele e verso la Shoah, non sta permettendo una posizione dura per bloccare la vergognosa manovra israeliana. Le cose vanno chiamate con il loro nome, quello in atto è un genocidio. E, a mio avviso, non c'è peggior cosa che l'esser stati vittime e il diventare carnefici. Vuol dire non aver imparato nulla dalla storia, e Moni Ovadia (un ebreo) la pensa esattamente così. A proposito dell'antisionismo, molti mi accusano di confondere la politica militare di Israele con il concetto di ebraismo. Io li smentisco dicendo che l'Occupazione della Palestina viene portata avanti da Israele anche in base a un principio ebreo-sionista. Sono fatti. Qui c'è un popolo carnefice e un popolo vittima, credo sia pleonastico. Quindi basta con questo senso di colpa per quello che è avvenuto in passato, siamo nel presente e vanno presi seri provvedimenti al più presto verso Israele che, non dimentichiamo, si trova lì per una mera operazione geo-politica voluta dagli anglo-americani, ai quali serviva una vedetta filo-occidentale in terra di medio-oriente. Troppi stanno chiudendo gli occhi e questa è una vergogna della storia di cui sempre troppo poco si dibatterà in maniera lucida, consapevole, obiettiva. Ti saluto caro Matteo. (Giuseppe Ceddia)

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