giovedì 5 febbraio 2015

Spinoza e l'unicità della sostanza

Baruch Spinoza è un filosofo molto pretenzioso, richiede sempre grande impegno e costanza, ma se si è disposti a concedergli il massimo sforzo, saprà ripagare con gli interessi la fatica profusa. Rifiutare una cattedra ad Heidelberg per salvare la propria autonomia intellettuale dice molto di questo straordinario filosofo olandese scomunicato dalla comunità ebraica con l'infamante accusa di eresia. Non è semplice inquadrare un pensatore tanto controverso, eppure la sua filosofia è tra le più ambiziose e al contempo coraggiose che si possano studiare.
Spinoza erige il proprio sistema filosofico sull'unico caposaldo a suo dire impossibile da scardinare: Dio. Il Dio di Spinoza è dotato di infiniti attributi infinitamente perfetti, e al di fuori di esso non può esserci assolutamente nulla. In altri termini, se si ammette che Dio sia tutto, esso dovrà allora necessariamente coincidere con la Natura, in quanto la sua totalità, per ovvie ragioni, escluderebbe senza appello una sua separazione dal creato, che quindi con esso si troverebbe armoniosamente a coincidere. Tale panteismo si identifica come un ordine necessario, e peraltro, elemento non trascurabile, geometricamente strutturato. L'Etica del resto, ci si presenta da subito proprio con un'architettura geometrica, e la sua suddivisione in definizioni, assiomi, proposizioni, dimostrazioni e scoli altro non è se non la prova che per Spinoza tutto, senza eccezioni, derivi da Dio secondo un rigido rapporto di causa - effetto. Nella sua teorizzazione però, Spinoza, che innegabilmente deve moltissimo a Parmenide, non può sottrarsi al confronto con quello che ai miei occhi è destinato a rimanere uno dei filosofi più sopravvalutati di sempre, ossia Cartesio. Analizzandone il pensiero, Spinoza aveva coraggiosamente puntato il dito contro il suo sistema, accusandolo di essersi colpevolmente e imperdonabilmente contraddetto. Ho sempre sposato con convinzione la teoria di Spinoza e ritengo che abbia ragione nell'individuare una una falla macroscopica nel dualismo cartesiano. Infatti, se da un lato Cartesio affermava che Dio per esistere non necessitasse di nulla se non di se stesso, dall'altro definiva contraddittoriamente sostanze anche la "res cogitans" e la "res extensa" che però, dipendendo da Dio, non potevano in realtà avere dignità di sussistenza. Spinoza, che filosoficamente vale molto più di Cartesio, individua in Dio l'unica e sola sostanza ( in quanto causa di se stesso, infinito ed eterno ), affermandone l'unicità relegando la "res cogitans" è la "res extensa" a meri attributi di esso e i singoli pensieri e corpi a semplici accidenti.
In maniera logicamente conseguente poi, Spinoza nega senza esitazione la possibilità che il finito possa essere sostanza, e dunque nega pure l'eventualità che possa esserlo l'uomo. Quest'ultimo infatti altro non è se non il risultato di un connubio tra mente e corpo, in cui la mente però, risulta essere soltanto l'idea del corpo o, se si preferisce, la conoscenza dell'estensione corporea. Secondo Spinoza, l'immanenza di Dio implica il fatto che la realtà non derivi, ma proceda da esso poiché, in quanto sostanza, Dio risulta essere tanto "res cogitans" quanto "res extensa". A ben guardare, ne consegue che le singole idee e i singoli corpi non possano interagire tra loro, ma al contrario possano soltanto procedere parallelamente in un lungo percorso privo di interazione, trovando coincidenza solo e soltanto in Dio.
Agli occhi di molti, Spinoza sarà pure stato un eretico, ma agli occhi miei il suo pensiero reciterà sempre un ruolo da protagonista nello sconfinato universo filosofico. Cartesio non sarebbe d'accordo.

Matteo Andriola

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